Pensieri e Opere di Findorfin Fogliadacero, Seguace di Chauntea

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    Tingilindë, Stella Scintillante

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    Findorfin era tornato alla sua città natale da alcuni giorni, Baldur’s Gate; di sicuro le sue aspettative non includevano il trovarsi in mezzo ad una epidemia assassina affiancata ad un’invasione di non morti sanguinari.

    Questi ed altri pensieri stavano facendo mulinare la sua mente, mentre si trovava seduto sulle rive del fiume Chionthar a rosicchiare delle radici appena estratte dal terreno. Delle mele essiccate colte prima dell’avvento dell’Inverno, addolcivano il suo pasto. Finito il vitto, si era premurato di tenere i semi dei frutti per poterli piantare ai margini della foresta, di modo che, col favore della Grande Madre, nuove piante sarebbero cresciute per il bene di tutti.

    “Thunder” di colpo le sue labbra pronunciarono questo nome. Gli era rimasto impresso nella mente da quell’umano che si faceva chiamare “Il Rosso”. Lo aveva incontrato per caso, vicino al limitare della foresta, nei pressi del cancello nord della città. Cercavano esperti di tutti i tipi. A lui interessava coltivare dei campi e portare il messaggio della Madre di Tutti attraverso le piante. Diceva, “vogliono far del bene alla città”, se vero, sarebbe stata una bella cosa; anche se avessero chiesto una decina alta sui raccolti.

    Bastavano questi pensieri, per far sì che le mani di Findorfin si muovessero irrequiete, con torsioni delle dita simili a quelle dell’agricoltore che sparge i semi sul terreno appena arato.

    Piante e raccolti per tutti; animali da allevare e, di quando in quando avrebbe aiutato la città a sfoltire gli alberi della foresta dove necessario. I boscaioli tagliano indiscriminatamente, uno come lui abbatte solo gli alberi malati e sfoltisce quelli troppo gagliardi per resistere ai temporali estivi ed alle tempeste portate dalla Costa della Spada. Una foresta ben curata è anche un bosco forte e fruttifero.
    spiga_d_orzo
    Abbandonati tutti questi pensieri, si alza dalla sponda. Si pulisce con le mani le brache e si dirige verso il limitare del bosco a nord. Di certo troverà ora qualche maniera per rendere più sicure le fronde per i viaggiatori, ignari dei pericoli nascosti nella foresta. Nella mano i semi di melo.
     
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    Findorfin aveva deciso di non dormire presso la locanda per alcuni giorni. Il letto ed il vitto erano molto allettanti e comodi lì, ma lo star fuori a dormire all’aperto era qualcosa a cui non poteva fare a meno dopo tutti i lustri passati nei boschi e nelle radure.

    Il posto che aveva scelto ieri notte, vicino al fiume, lo aveva ritemprato. Lo scorrere dell’acqua, sulla cui superficie venivano trasportati piccoli detriti, lo aveva messo di ottimo umore. Vicino al punto del bivacco c’erano i campi di Baldur’s Gate. Ne aveva visti un paio che potevano esser interessanti, ma solo uno sarebbe stato quello che la Dea gli avrebbe fatto scegliere.

    Alcune notti fa aveva avuto un sogno, forse inviato dalla stessa Madre di Tutti. Era totalmente convinto di celebrare la festa di Pratoverde. Era il minimo che potesse fare per ringraziare la gente della città che lo aveva fino ad ora ben accolto. Se si fosse presentato qualche druido, o chierico della Dea, avrebbe passato loro volentieri la fatica. Al momento però non era ancora venuto in contatto con alcun compagno di fede e quindi si sentiva in dovere di prendere il fardello sulle proprie spalle.

    Non osava certo sostituirsi a chi più meritevole di lui e sicuramente più devoto, ma in cuor suo sentiva di dover celebrare l’evento. Non era uno zelota, ma sapeva che la fede andava coltivata ed allo stesso tempo curata perché potesse dar buoni frutti.
     
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    È l’alba di un nuovo giorno e Findorfin si alza dal pavimento della stanza nella taverna dove ha trascorso la notte. Il locale che di solito usa era già stato occupato da un mercante, di conseguenza l’unica stanza rimasta libera si era dimostrata un po' troppo comoda per i suoi gusti. Di lì la scelta di dormire nel suo sacco a pelo a terra.

    Lavatosi e vestitosi si dirige al piano terra, per fare colazione. Mentre gli vengono serviti formaggio, pane e birra speziata, la sua mente rimugina sul cartello affisso di fuori. I giochi di Suzail. Appena aveva sentito il nome della cittadina, si era accesa una luce nel fondo dei suoi ricordi. Nel giro di poche ore aveva richiamato alla mente certi discorsi fatti da conoscenti boschivi. La città vantava numerosi fedeli della Dea Madre.

    Gioco forza, e viste le intenzioni di festeggiare la festa di Pratoverde, la sua prossima meta per raggiungere tale scopo era di recarsi nel Cormyr, per raccogliere il numero maggiore di informazioni e quindi procedere al ritorno nella maniera più corretta per svolgere il rituale. L’indomani, fatta scorta nella giornata di tutto il necessario, si sarebbe avviato alla volta di Suzail; a piedi, o al seguito ed in supporto di qualche carovana.
    La distanza non lo spaventava come anche le fatiche che lo avrebbero messo alla prova durante il cammino. Nuovi posti ed un "giringiro" su un percorso completamente nuovo lo avrebbero reso più forte.

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    La mattina del giorno successivo, dopo una notte di sonno ristoratore, Findorfin si avvia come di consueto dabbasso per consumare una lauta colazione in vista delle fatiche dei prossimi giorni, se non mesi. Con lui ci sono a fianco del tavolo le sacche e lo zaino carichi del materiale necessario. Vuole viaggiare leggero, ma senza però dimenticarsi dietro l’essenziale. Ha fatto scorta di frecce e bende, come anche di quanto necessario a rendere il viaggio il più organizzato possibile.

    Pronto a partire, salda il conto alla ragazza al bancone della taverna e si avvia fuori da Baldur’s Gate attraverso la porta Nord. Di buona lena supera velocemente anche i campi e le case dei contadini per poi attraversare il ponte sul fiume Chionthar. La sua attenzione viene subito attratta da orme di umanoidi ovunque. Sa che la strada, fuori dall’orbita di influenza cittadina è colma di pericoli, ma negli ultimi mesi non ha mai scorto tanta attività. Tra l’altro si tratta di orme di gente coi piedi calzati ed esseri dai piedi nudi artigliati; spesso in gruppi misti e senza il minimo tentativo di nascondere il loro passaggio. Alla fine del primo giorno di cammino, ha già dovuto affrontare ben tre assalti da parte di Coboldi e Hobgoblins ben appostati ai fianchi della strada principale. Sembravano in effetti tutti lì con uno scopo ed organizzati.

    La notte è passata tranquilla, ma non si è fidato ad accendere alcun fuoco per non attirare ulteriori agguati e nemici.

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    Il secondo giorno di cammino è stato inaugurato all’alba da un agguato ordito da un gruppo di Hobgoblins affiancati da dei Gybberling assetati di sangue. Findorfin ne è uscito per il rotto della cuffia a causa di un colpo di spada fortunato da parte di uno dei militari pelleverde. Ripresosi e curate e bendate adeguatamente le ferite, il mezzelfo si è rimesso in cammino.

    Subito ha notato un nuovo via vai di impronte ai bordi della strada. A queste si sono ora unite le peste lasciate da degli zoccoli i cui ferri di cavallo risultano in buone condizioni. La sua attenzione ha raggiunto l’apice e finalmente si è deciso di proseguire il cammino a bordo carreggiata, tra i cespugli. Si è nascosto con maestria ed ha evitato in ogni maniera di lasciar tracce e far rumore tale da poter attirare l’attenzione di qualcuno in agguato. Ha i peli sul collo ritti, i muscoli del corpo tesi.

    Dopo circa un paio di ore, Findorfin sente il nitrire di un cavallo. Siamo quasi a due giorni di cammino da Baldur’s Gate. Si apposta e nota, con grande costernazione un cavaliere, che arco alla mano arringa un gruppo di feroci umanoidi in piedi di fronte a lui. Non sente cosa viene detto, ma capisce dai toni autoritari che quel arciere è sicuramente il capo del gruppo. Decide quindi di giocare il tutto per tutto. L’aspetto di quello che sembra essere un bandito, un razziatore, accende in lui una scintilla che non riesce a spegnere. Deva assolutamente intervenire affinché nessun viandante abbia da penare a causa di quel individuo, gli costasse pur la propria vita. Il fuoco dentro di lui divampa.

    Rimanendo sempre all’ombra e nascosto dalle fronde di avvicina a distanza di tiro col suo arco lungo. Non è un comportamento proprio corretto, ma almeno da vicino conta di riuscire a convincere l’avversario a desistere. Sicuro della distanza raggiunta, sbuca fuori dai cespugli ed intima al altro di fermarsi. Non l’avesse mai fatto. Convinto di essere in una posizione di vantaggio, si ritrova bersaglio del bandito che sfoggia un’abilità con l’arco incredibile. Frecce piovono su Findorfin come fossero gocce d’acqua durante un tempesta.

    Ripresosi dallo shock, si gira e scappa, unica soluzione ad un problema che si incrementa con l’arrivo degli scagnozzi del bandito. Goblin, Hobgoblins e Coboldi si uniscono all’uomo a cavallo nell’inseguimento di Findorfin. Questi corre come una lepre tra gli alberi e cerca di seminare i suoi avversari tra il folto degli alberi. A poco valgono i suoi tentativi per schivare la pioggia di morte ed alcune frecce lo feriscono in maniera abbastanza grave. La sua unica salvezza ora è trovare un qualche rifugio per potersi curare quanto possibile e proseguire la corsa per la propria sopravvivenza. L’unica via da percorrere è quella a ritroso per trovare aiuto a Baldur’s Gate.

    Trovato un piccolo stagno, per metà ricolmo di fango, ci si butta dentro e con sforzo sovrumano e l’aiuto di una canna si immerge nell’acqua maleodorante per non farsi scovare dai propri inseguitori. La fortuna gli sorride e dopo un’ora esce dal fetido nascondiglio e si sistema le ferite alla meglio. Cerca di dormire, ma la stanchezza, le ferite e l’istinto di sopravvivenza lo tengono all’erta verso ogni minimo rumore sospetto. Pochi attimi prima dell’alba sente il rumore degli zoccoli che si avvicinano e decide di tornare a correre per raggiungere il Chionthar e l’agognato riparo. Le ore passano, la fatica ed il dolore sembrano non lasciarlo solo neppure un metro. Il ponte è finalmente in vista e lì vi si butta a capofitto.

    Scopre solo in quel momento che i suoi inseguitori sono proprio alle sue spalle. Pochi attimi e gli saranno addosso. Con un ultimo sforzo si getta dall’altra parte del ponte. Trova copertura dietro al muretto di una delle case di contadini che si trovano a nord dei campi. Lì riprende fiato e cerca, con una tattica di guerriglia di colpire l’arciere a cavallo, ma a nulla valgono i suoi sforzi, in quanto questo è più rapido e letale nel ricambiare l’assalto. Findorfin, gira attorno alle case, entra dalle finestre e ne esce dalle porte. Aggira il nemico fino a quando non si accorge che a quel punto si era dimenticato degli altri inseguitori. Preso da una nuova forza, incomincia ad abbattere prima un Goblin, poi un coboldo.
    Sempre schivando l’avversario a cavallo, abbatte infine anche un paio di Hobgoblins che cercavano di saccheggiare una casa di contadini inermi.
    La situazione si fa molto drammatica, quando il bandito sembra addentrarsi di più all’interno delle case abitate. Findorfin pensa a come reagire. Alla fine, punta ad una soluzione estrema. L’unica che possa, anche nella follia dell’impresa, avere una qualche possibilità di successo. Deve attaccare frontalmente il nemico, metterlo alle strette in qualche maniera ed assalirlo con la sua spada. Faccia a faccia, non può lasciarlo libero di mietere vittime innocenti e, per giunta, per colpa sua che si è fatto seguire fino a qui.

    L’arciere gira, allunga il collo in cerca della sua preda. Findorfin lo osserva, attento, in attesa del momento giusto per sbucare fuori e attaccarlo. Dopo pochi minuti, l’occasione propizia si presenta. Il bandito ha ricolto la sua attenzione nella direzione opposta a dove si nasconde il mezzelfo. Scatta urlando contro il nemico in preda ad una furia mai provata in vita sua.

    Sbalordito, l’assassino indietreggia con la sua cavalcatura, cercando, senza successo di scoccare delle frecce. Findorfin è sempre lì, lo incalza e l’altro indietreggia di nuovo. Il ranger urla e comincia a corrergli dietro. Il cavallo nitrisce, si impenna, cercando di liberarsi da questa minaccia inaspettata. Più volte Findorfin carica e l’altro prontamente fugge distante. La tecnica che inizialmente sembrava avere un certo grado di successo, incomincia ad avere delle evidenti e letali falle se non portata a termine al più presto.

    Subentra un cambio repentino di programma. Il mezzelfo finge una fuga disperata verso la base delle mura e quando il suo avversario approfitta della ritirata della sua presunta vittima, Findorfin si gira di scatto e blocca, cavallo e cavaliere, tra lui e le mura e li martella con la sua spada, come fosse un randello. L’altro cerca di colpire quella che pensava fosse una facile preda, ma di lì a pochi attimi, le sorti dello scontro volgono a favore di Findorfin, che infligge il colpo finale al bandito.

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    Ferito e sanguinante, il ranger sta per appoggiarsi all’albero lì vicino, ma un ufficiale di guardia corre verso di lui intimandogli l’alt e chiedendo ragguagli sull’accaduto. Il corpo dell’arciere è a terra in un lago di sangue. Ma anche le ferite del vincitore grondano sangue in maniera copiosa. Alla richiesta di informazione Findorfin racconta la sua versione della storia. Alla fine, il suo interrogatore non è convinto. Di fronte al giusto dubbio dell’altro, il mezzelfo si rimette al giudizio dell’altro e da disponibilità a seguirlo.

    Fortuna vuole che una delle guardie di vedetta assiste alla scena e riferisce, a favore di Findorfin, che chi giace morto, altri non è che un infame assassino e che il mezzo sangue ha fatto quanto si è visto per difesa personale. Finalmente lasciato andare per la sua strada, si appoggia con la schiena al tronco dalla dura corteccia li vicino, si siede alla sua base e si medica alcune delle ferite peggiori che ha sul busto e le braccia. Controlla le bende, appoggia la testa, e si riposa un attimo prima di rialzarsi e dirigersi alla taverna. Questa notte è conscio di poter gradire un letto morbido per ritemprarsi e mettersi in sesto per i prossimi giorni. A breve riproverà a raggiungere a piedi Suzail.

    Il seme germoglia sempre dove la fede è forte.

     
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    Sono passati un paio di giorni dal disastroso tentativo di raggiungere Suzail e finalmente Findorfin di sente sufficientemente risanato per recarsi a fare un giro fuori dalle mura. Va a cogliere della frutta e delle radici restando sempre in vista delle difese cittadine. Conosce bene l’ubicazione delle piante e passa l’intera giornata intento a portar a termine il suo raccolto. Quando finalmente il sole si avvicina all’orizzonte, la sua sacca è colma di pere e pesche. Si gusta una bella pera matura e non manca di scavare una buca coi piedi e gettarci dentro i semi; poco dopo la ricopre con un rapido movimento dello stivale. Contento e soddisfatto, si avvia verso l’ingresso nord, per poi dirigersi alla locanda dove ha una stanza ormai quasi del tutto riservata a lui.

    Subito nota la presenza di alcuni avventori mai visti, un mezz’orco non troppo grande, dai piedi scalzi ed uno gnomo che, davanti al bancone stanno gustando le loro consumazioni. Sembrano tipi a posto, anche se il mezzosangue dai lunghi canini, non gli ispira troppa fiducia. Di lì a poco giunge anche un nano di sua conoscenza, Nymer, che scopre, dopo un’interessante conversazione, essere un sacerdote ed artigiano. Come una meteora nella tranquillità generale, subentra nel locale una furia di mezz’orco.

    La situazione fin da subito cambia. Il nuovo venuto sembra aver preso la parte peggiore di entrambe le due razze da cui è stato generato e, per fortuna, nessuno dei presenti si lascia andare a gesti inconsulti che possano provocarlo. Lo sfortunato gnomo viene avvicinato e se la cava ricevendo un paio di ringhi inarticolati. Il profumo proveniente dalla cucina sopraggiunge come un aiuto inaspettato. L’attenzione dell’umanoide, dal nome Mutak, viene attirata dai polli che stanno sulla griglia. Il suo braccio si alza e in qualche maniera riesce a farsi capire. L’ordinazione, per la sorpresa sicura di Findorfin, consta in una mezza dozzina di vassoi ricolmi.

    Mutak ha uno stomaco come un pozzo senza fondo. Gli altri presenti mantengono un certo contegno ed evitano con garbo di coinvolgere in qualche maniera la macchina da guerra seduta che sta mangiando per almeno sei uomini. Le conversazioni ripartono e Findorfin viene a sapere che il piccolo uomo seduto vicino a lui è un praticamente delle arti oscure. Interessato chiede all’altro se è in grado di creare l’illusione di un cinghiale arrosto volante per allontanare e spedire al porto il mezz’orco. Purtroppo, l’idea naufraga in quanto questa abilità manca al nuovo conoscente.

    Altro colpo di scena e la situazione precipita nuovamente quando un nano sconosciuto, entra di botto all’interno del locale e ordina una quantità spropositata di birra. Indizio evidente che di lì a poco ci saranno problemi. Fatto ancor più evidente dal primo scambio di battute tra lui e Mutak. Prima ancora che Findorfin se ne renda conto, nano e mezz’orco sono già in piedi e si avvicinano reciprocamente offendendosi in un crescendo che ha un solo finale possibile.

    Findorfin decide di intervenire, quando è evidente che il buttafuori, scosso e spaventato, estrae le armi per sedare quella che sta per rivelarsi una rissa disastrosa. Il mezzelfo pensa in fretta. L’approccio violento, ne è sicuro, non servirà assolutamente a niente. I due contendenti sono dei beoni. Giocoforza la soluzione si materializza all’istante nella sua testa e prende in mano la situazione. Urla per attirare l’attenzione di tutti, con in sottofondo il buttafuori che continua a sollecitare tutti ad andare fuori, armi in pugno.

    Quando al terzo richiamo tutti si girano verso di lui, agisce. Lancia la sfida ai due, un certame di bevute, che i soli “veri guerrieri possono sperare di affrontare”. Li punge sul vivo del loro orgoglio. Acquista più di una dozzina di bottiglie di liquore ed accompagna tutti fuori. Una metà delle bottiglie per entrambi e dichiara che il più forte, il vincitore sarà chi resta in piedi con il maggior numero di vuoti a terra. La sfida parte coi due guerrieri che si fronteggiano, alla fine ha la meglio il mezz’orco anche se il liquore che ha in corpo non manca di stordirlo adeguatamente. Il nano regge il giusto per non sfigurare e glissa.

    Pregni dei fumi dell’alcol, Findorfin, lancia una breve arringa ai due indicando il cartello affisso di fronte all’ingresso del locale. La vera sfida dopo questa prima, sarà per loro a Suzail. Lì potranno battersi nel luogo adeguato alle loro capacità e dimostrare quanto valgono entrambi, acciaio contro acciaio. Risulta la situazione i nostri, lentamente, se ne vanno ognuno per i propri affari. In cuor suo Findorfin è contento di aver risolto la situazione senza inutili spargimenti di sangue, o devastazioni nel locale. Ultimamente ha iniziato a considerare un po' casa sua quel posto e si sente anche in qualche maniera responsabile per esso. Nel sonno che lo avvolgerà a breve, lo sente di meritarselo, sognerà donne bellissime e luoghi lontani, andrà lontano dai problemi a godersi un po' di beata tranquillità.

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    Findorfin, si sta preparando per partire alla volta di Suzail, ma prima è intenzionato a far scorte di frutta e radici nel bosco. Con questo intento si è spinto oltre il limitare della civiltà, verso le terre coperte di fronte, poste a nord di Baldur’s Gate. Avrebbe approfittato della cosa anche per spaventare e spingere più all’interno le tribù di umanoidi aggressivi, che spesso si avvicinavano alle strade con lo scopo di aggredire gli inconsapevoli viandanti. Se lo sentiva come un dovere personale.

    Trovato un bel posto dove scavare nel bel mezzo di una piccola radura, il mezzelfo di blocca di scatto. I peli sul collo gli si rizzano e di punto in bianco si vede sbucare da un ammasso di alte felci un Elfo, sporco ed insanguinato. L’espressione profondamente turbata del nuovo venuto lo mette ancora più allerta. Le radici passano in secondo piano e subito si accerta dello stato di salute dell’altro, mentre questo lo informa di cosa ha vissuto nelle ultime ore. Ha perso un fratello a seguito di un agguato subito poco fa. Lo deve ritrovare al più presto nonostante il rischio.

    Findorfin si offre subito per aiutarlo, senza pensare al pericolo. Con cautela e cercando di stare attenti ad ogni cosa di insolito, si avviano verso nord ovest con il nostro ranger in testa. Arco in pugno e, restando bassi per sfruttare cespugli e tronchi, si ritrovano presto aggrediti da quelli che sembrano degli Gnoll. Di queste creature Findorfin aveva solo sentito parlare, non le aveva mai incontrate di persona. Quanto ne sapeva impallidiva a confronto della nuda, brutale realtà. Questi nuovi avversari si erano riversati contro di loro come fossero stati una valanga di violenza e caos. Abili con le loro armi, si erano dimostrati degli avversari temibili. Con difficoltà Findorfin ed il compagno si erano liberati di loro per infilarsi sempre più nel fitto del bosco.

    Le tracce si facevano sempre più chiare e gli aggressori si presentavano sempre più frequentemente. Un passo falso, od un avanzamento sconsiderato avrebbe fatto finire miseramente la vita dei due salvatori. Trovato un momento di respiro, Findorfin viene a sapere dall’elfo che suo fratello, altri non era che un lupo. Passato il momento di shock iniziale, il mezzelfo esorta l’altro a seguire i rumori e proseguono sempre verso nord – nordovest. Arrivano infine presso una pianura e lì incontrano un branco di lupo dall’aspetto strano. Uno sembra essere chiaramente il maschio dominante. Dietro a questo Findorfin nota uno Gnoll fatto a pezzi. Chiaro segno che anche i lupi detestano quelle bestie.

    L’elfo depone le armi; Findorfin fa lo stesso fidandosi dell’intuizione dell’altro. Di lì a poco, si avvia una conversazione in una lingua non ben chiara al mezzelfo che, da spettatore, studia la situazione rimanendo immobile ma senza dar segno di voler minacciare gli animali. Stolido non cede alla paura. Ha già qualche volta sentito alcuni dei suoni che escono dalla bocca dell’elfo, nel fondo della sua mente li associa a qualche esperienza avuto assieme al suo padre adottivo in presenza di un druido che parlava alle volpi. Ma il ricordo è molto vado.

    Findorfin si riprende di scatto, quando dopo vari passaggi in una lingua sconosciuta, il capo branco sembra finalmente capire e con un ringhio accompagnato da un movimento molto umano della testa, indica il nord. I due avventurieri si armano di nuovo, e passando senza bruschi movimenti tra i lupi, si avviano nella direzione indicata. Subito vengono aggrediti da un gruppo molto numeroso di Gnoll, accompagnati da degli Hobgoblins che senza pietà sferrano colpi selvaggi. Findorfin viene colpito direttamente sulla testa dal piatto di una spada arrugginita. Perde i sensi per alcuni attimi, si rialza stordito e cerca di seguire i rumori della lotta che si sono spostati a sud rispetto al punto in cui è svenuto. Arriva giusto in tempo per dare il colpo di grazia ad un nemico già ferito e vedere che il capo branco è corso in soccorso dell’elfo contro i suoi temibili avversari.

    Con la situazione in progressione positiva, Findorfin cerca di bendarsi le ferite più gravi e fa altrettanto con il compagno. Decisi a portare a termine la propria missione, tornano a dirigersi a nord, dove finalmente, accompagnati dal capo branco, trovano il fratello lupo. Il mezzelfo, in segno di gratitudine verso il capo branco offre delle costolette che aveva nello zaino. La fiera sembra gradire il dono e subito dopo se ne torna tra i suoi lasciando i presenti alle proprie faccende.

    Contento della risoluzione positiva della cerca, Findorfin saluta contento i fratelli ritrovati e se ne va a trovarsi un bel posto al coperto dalle fronde, per accamparsi al caldo di un fuoco scoppiettante. La città è lontana, non ha senso tornare ora, al buio e sotto l’acqua.
     
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    Findorfin è appena tornato, ammaccato e ferito, dal suo nuovo tentativo per raggiungere Suzail a piedi. Oramai nella sua testa si è consolidata la consapevolezza che è un’impresa impossibile per le sue capacità attuali. Di sicuro avrebbe dovuto percorrere la strada con dei compagni, altrimenti ogni banda organizzata di banditi avrebbe festeggiato alle sue spalle con i suoi averi. Conscio di questa cosa, si lecca le ferite, fa una bella dormita e va diretto in banca a recuperare dei soldi dal suo conto per acquistare l’attrezzatura necessaria per le sue attività quotidiane.

    Uscito dalla porta nord della città, scopre, con suo immenso disappunto e stupore, che per l’occasione è stata organizzata una carovana fissa per condurre le persone direttamente a Suzail. Richiamata a sé tutta la pazienza che riesce a raccogliere nel suo intimo, paga il biglietto e trascorre alcuni mesi con la carovana per arrivare giusto un paio di giorni prima dell’evento tanto pubblicizzato alla lontana città. Giunto alla fine del viaggio, una pioggerellina dace lenta da un cielo plumbeo, lasciando uno strato umido su ogni cosa. Findorfin si ferma di fronte all’inizio della strada principale che porta in centro città. Si guarda attorno nella speranza di vedere qualcuno della zona per domandare delle informazioni.

    Di lì a poco passa un piccolo gruppo di quelli che sembrano contadini. Con modi garbati chiede loro se nelle vicinanze ci sia un santuario dedicato alla Grande Madre. Gli altri assentono e con gran piacere ascolta e memorizza tutte le indicazioni che gli vengono fornite. In meno di un’ora, camminando di buona lena, giunge al piccolo santuario che da giorni ha sognato. Lì un druido lo accoglie e lo lascia dopo alcune indicazioni in solitudine a pregare la Dea, come dovuto e sentito dal pellegrino. Il mezz’elfo passa i due giorni antecedenti alle gare, in quello che può essere definito un ritiro spirituale. Nei due giorni oltre alla meditazione ed alle devozioni, ha raccolto sufficienti informazioni e incoraggiamenti dal Druido, per sentirsi finalmente convinto a portare avanti il suo progetto di celebrare la festa di Pratoverde a Baldur’s Gate la prossima primavera. Finalmente in pace con sé stesso e conscio di aver fatto ciò per cui è giunto, si dirige verso la città.

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    Decide di seguire la strada lastricata principale usando dei sentieri tra il verde che la affiancano. Preferisce camminare tra gli alberi ed i campi coltivati. Arrivato alla porta della città si ferma per darle un’occhiata intensa ed imprimersela nell’animo. Subito nota che molte guardie e soldati pattugliano e mantengono l’ordine fra le strade ed i vicoli affollati. Rilassato da questa cosa, ripone anche lo scudo sulla schiena e completamente disarmato varca l’ingresso principale del capoluogo.

    Tutte le strade sono addobbate per le celebrazioni. Strilloni ad ogni angolo decantano le bellezze della fiera che sta avendo luogo. La gente è vestita a festa e le bancarelle sono un po' ovunque. Merci di ampio consumo si alternano ad oggetti di rara bellezza e provenienti da terre lontane. Findorfin ammira questo ed anche altro ancora. Apprezza la bellezza ma il suo borsello è sempre leggero; non può permettersi di comprare se non l’essenziale. La cosa non lo disturba, per lui la ricchezza non è un obiettivo nella sua vita più importante del restare vivo ed ogni tanto rilassarsi e divertirsi senza esagerazioni.

    Chiedendo informazioni in giro, riesce a raggiungere la taverna che si trova proprio a ridosso della grande arena dove si terranno le gare il giorno seguente. Affitta l’ultima stanza con letto singolo rimasta e si butta sul materasso appena varcata la porta per farsi una bella dormita in vista della lunga giornata che lo attende. Non ha intenzione di partecipare alle gare. Vuole solo dare un’occhiata in giro e godersi una giornata senza impegni e pericoli. Con questi pensieri il sonno lo avvolge senza che se ne renda conto e dorme fino al sorgere del sole. Alcuni colpi alla porta e la voce della cameriera che lo ha servito la sera precedente gli ricordano che la colazione è pronta al piano inferiore, come da sua richiesta.

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    La festa in città è al apice del suo splendore. Le strade sono affollate come non ne ha mai viste. Il mezzelfo, dopo un’abbondante colazione, si fa strada stentando ad infilarsi tra la calca per raggiungere l’area dei giochi. Urla e trambusto arrivano dal luogo dove molto probabilmente campioni si stanno già affrontando, mettendo alla prova i propri avversari. La ressa di gente è ancora più densa nei pressi dell’entrata, dove molti vanno e vengono. Infilatosi in un momentaneo e fortuito calo di afflusso, Findorfin accede all’arena e dopo una ricerca di alcuni minuti riesce finalmente a trovare dove sedersi. Dal punto in cui si trova nota subito alcune facce note; amici e conoscenti provenienti da Baldur’s Gate che hanno affrontato anche loro il viaggio per mettersi alla prova. Il terreno su sui si muovono è cosparso di fango. Inizia a piovere di nuovo, fatto che va a peggiorare ancora la solidità del terreno.

    Giù a duellare alcune facce note ed anche alcune nuove. Matuk, Alton e Wrath tra i volti incontrati più spesso in taverna a Baldur’s Gate. Poi un tal Ser Khain il cui nome non giunge nuovo a Findorfin ed altri di cui non è riuscito a conoscere i nomi eccetto un elfo cieco di nome Gereandir, o qualcosa di simile. Wrath nota il mezzelfo e subito lo esorta ad unirsi alle prove con l’arco. Il ranger, non è venuto per gareggiare, non è nel suo modo di essere, ma di fronte all’insistenza dell’amico cede e scende anche lui per partecipare alle prove col tiro con l’arco. Si mette in fila e prende l’ultimo posto della fila, essendosi aggregato senza iscriversi in anticipo. La sua intenzione resta quella di divertirsi.

    Findorfin non sa se prima sono state svolte altre competizioni, ma questo non gli importa. La prima prova a cui partecipa consta nel far passare una freccia attraverso 5 anelli. Findorfin fa la sua figura ma si piazza in basso; di fronte agli abili tiratori con cui si confronta è contento lo stesso. La prova successiva è molto più semplice. I contendenti devono colpire un bersaglio ad occhio di bue disegnato su una balla di fieno. Assieme ad Alton totalizza ben 75 punti e con questo poi si avvia allo spareggio. Lo hin vince di merito e per Findorfin è un piacere congratularsi col suo antagonista. Tra tutti i contendenti, quello che comunque ha fatto più è stato l’elfo cieco, che guidato da Ser Khain è riuscito, contro i pronostici generali, a colpire più volte il centro e fare un punteggio incredibile nonostante la sua invalidità.

    Finita la parte dedicata alle armi da lancio, l’inserviente che gestisce le gare, chiama una pausa per poter organizzare le gare successive. Viene preparata l’area per ospitare le giostre coi cavalli. A questo punto la rosa dei contendenti si restringe. Due cavalli bardati secondo le regole vengono portati fuori dalle stalle e messi a disposizione dei contendenti che si sfidano prima ad eliminazione fra di loro e poi si trovano a partecipare alla quintana. La sorpresa assoluta della gara è la vittoria del mezz’orco Matuk che, in groppa al suo baio delle praterie vince ai punti contro tutte le aspettative e facendo ricchi numerosi scommettitori. Durante queste gare Findorfin cerca di rendersi anche utile nei confronti dei contendenti, fasciandoli e medicando le loro ferite.

    Finito coi cavalli, si conclude l’evento con la scalata al palo. Lì Findorfin fa una figura barbina, non essendo mai stato un gran arrampicatore. Mette da parte il fastidio e si gode la gaiezza dei vincitori che hanno primeggiato nelle varie prove. Rivestito e risalito al suo posto nelle tribune, si gode le premiazioni che avvengono per mano della Regina stessa. Matuk, Khain, Wrath, Alton e l’elfo cieco ricevono un premio in denaro e un oggetto a riconoscere i trionfi individuali raggiunti. Ormai stanco dalla giornata spasmodica, Findorfin scende dalle tribune e, prima che esca la maggior parte della folla, va fuori dall’ingresso principale.

    Indolenzito e sporco, si avvia verso la taverna con in mente un bel tino di acqua calda in cui immergersi. Lavato si farà una bella mangiata seguita da una tranquilla notte di sonno. Come imprevisto non disdegnerà di certo anche qualche bella dama con cui conversare amabilmente a tavola e, chissà, magari altro.
     
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    Findorfin aveva passato una notte ristoratrice dopo la giornata passata alle Gare. La gente aveva iniziato a sloggiare già da mattina presto ed il mezzelfo aveva deciso di godersi la città qualche altro giorno di modo da poterla mirare nella sua normalità. La quotidianità infatti era molto più accettabile per lui del trambusto dei giorni precedenti e con calma si era goduto la civiltà senza sforzarsi troppo per farsela piacere. Una volta sazio di questa esperienza e visitato le aree principali e periferiche, aveva deciso di andare a passare la sua ultima notte nei pressi del santuario per concludere degnamente questo magnifico periodo.

    La nottata passata davanti ad un falò, di fronte al altare ed in compagnia del chierico presente, gli aveva rinfrancato lo spirito ed il corpo. Le membra all'alba rispondevano pronte, nonostante l’autunno inoltrato. Fatti i saluti e le preghiere di rito, si diresse verso il ponte presso cui si era separato giorni or sono dalla carovana. Era contento di poter trovare qualcuno con cui fare la strada insieme. Con sua enorme costernazione scoprì che tutti i convogli erano già partiti e che avrebbe dovuto farsi il viaggio a piedi, o a cavallo. Non amando troppo far lavorare le gambe di un puledro al suo posto, decise per la prima opzione. Armatosi del materiale necessario si avvio verso l’ultimo varco fortificato per entrare nel mondo selvaggio.

    Le guardie chiesero dove intendesse andare tutto solo e Findorfin rispose che sarebbe tornato a Baldur’s Gate. Inizialmente questi pensarono che stesse scherzando, o fosse ubriaco, ma di fronte alla sua serietà si ammutolirono. Gli elargirono delle generose pacche sulle spalle e gli fecero i migliori auguri. Forse Findorfin notò della stima nelle loro parole, ma per lui la strada era interessante ed il pericolo non lo spaventava. Salutò mestamente tutti e si avviò con le foglie che cadevano sul sentiero dagli alberi caducifogli.

    Lungo la via che percorse, l’inverno manifestava i suoi primi segni. Vide tutte le sfumature del rosso e del marrone. La pioggia cadeva sempre più fredda man mano che procedeva di giorno e si accampava di notte tra le fronde ormai spoglie. Non perdeva occasione di studiare e ascoltare il mondo naturale che lo circondava e da esso traeva insegnamenti che di certo dentro le mura di Baldur’s Gate non avrebbe mai fatto suoi. Aumentò la sua consapevolezza delle minacce in agguato lungo il tragitto e più di una volta sparse il sangue di odiosi pelleverde ed altre malvagie creature. Riuscì a schivare umani che avevano venduto l’anima a poteri e dei perniciosi, con astuzia ed evitando di far vittime.

    Passò laghi, ponti su fiumi sconosciuti e camminò a lungo fiancheggiando montagne note solo da precedenti sguardi lontani. Dopo molte settimane, incominciò a riconoscere dei punti di riferimento noti. Passò il ponte sul fiume Chionthar, poco distante dai campi di Baldur’s Gate accompagnato dalla prima spruzzata di neve. Stanco ma soddisfatto dell’impresa si diresse alla locanda per reclamare la sua solita stanza.

    Un unico tarlo gli aveva rosicchiato la mente per tutte le settimane passate all'aperto. Di sfuggita, in uno dei suoi giri attraverso i vicoli di Suzail, aveva visto un tizio con un pendente al collo. Il monile d’argento raffigurava una falce di luna avvolgere una arpa. Al limitare della sua mente c’era un vago ricordo, risalente ancora al periodo vissuto tra i boschivi col suo padre adottivo. Sicuramente nei prossimi giorni avrebbe ricomposto la cosa, gli avrebbe dato chiarezza, ma ora era proprio tempo di un bagno caldo ed una sana dormita.

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    Findorfin è seduto al bancone al piano terra dell’Elmo e del Mantello. Sta conversando amabilmente con una nuova cameriera assunta da poco. L’argomento di conversazione sono vari argomenti frivoli e di poca importanza. Non gli dispiace parlare di cose tranquille come le ricette e le difficoltà che ha la ragazza con questo suo nuovo lavoro. Ancor di più si sente ricettivo su questi argomenti visto l’incubo vissuto e terminato col primo raggio di sole filtrato tra le imposte della sua camera, stamattina.

    La ragazza nota che un paio di volte Findorfin sembra guardare nell'angolo dietro alle casse poste a fianco del bancone. Per la precisione fissa un punto in prossimità dell’ingresso dove scende la scala. Incuriosita si interrompe per chiedergli se va tutto bene. “Signor Findorfin, state bene. Sembrate, come dire, interessato alle scale della dispensa, avete fame?” L’altro, colto di sorpresa, sembra scuotersi. “Oh, no. State tranquilla Brigitta. Sto solo rivivendo con la mente lo strascico dell’incubo che mi ha accompagnato fino all'alba.” Diventato serio ed avendo lasciato in sospeso l’argomento, scatena immediatamente la curiosità della sua interlocutrice.

    “Volete parlarmene? Magari farlo vi sarebbe di conforto a dimenticarne le parti più brutte.” Dice con fare civettuolo ed innocente allo stesso tempo. Agili sono le sue dita nell'asciugare i boccali appena lavati con uno strofinaccio ancor abbastanza bianco. La risposta dell’altro non si fa attendere, anche se preceduta da una pausa che un bardo potrebbe definire abbastanza “teatrale”.

    “Vedete, Cara Signorina, ieri al tramonto mi sono fatto dovere in cuore di rendere i bassifondi e le fogne del posto, migliori. Ho deciso che di tanto in tanto un po’ di pulizia per il bene della brava gente va fatto e con costanza. Partendo quindi da questi miei nobili propositi mi sono recato nelle buie profondità sotto la nostra Amata Baldur’s Gate per spaventare ed eliminare alcune minacce incombenti. “Si ferma per far cenno all'altra di riempire ancora un po' la coppa lì vicina di birra. Trangugia un sorso generoso e si asciuga la bocca con la manica della camicia.

    “Sicuro di aver fatto il mio dovere mi sono poi diretto verso la superficie. Sapete, ho trovato topi grandi come pecore e famelici come i corvi.” Al sentire queste descrizioni la ragazza rabbrividisce visibilmente. “Ma essendoci abituato non ho avuto le mani tremanti ed ho fatto il mio dovere. Tornato mi sono fatto un bel bagno, una lauta cena e con la tranquillità nel cuore me ne sono andato a letto.” Altra sorsata ed il boccale è quasi vuoto. Si sofferma con lo sguardo a fissare i disegni della schiuma sulla superficie della birra. “Poi in piena notte è iniziato l’incubo.” Un colpo secco e l’ultimo contenuto del contenitore è andato giù dalla gola di Findorfin.

    “Mi sono ritrovato nell'oscurità delle fogne circondato da una torma di coboldi e topi giganti furiosi che mi attaccavano da tutte le direzioni. Ero ferito e non riuscivo a distanziare i miei assalitori che sbucavano da ogni dove…” Gli occhi di Findorfin sono fissi nel vuoto. “Ad un certo punto mi hanno sopraffatto ed ho perso i sensi una prima volta. Mi sono rialzato ed i topi mi svegliavano ogni volta ancora infierendo sulle mie membra, mordendomi famelici. Più volte cadevo per rialzarmi e vedere ovunque quegli occhietti rossi e malefici nell'oscurità imperante.” La ragazza si era paralizzata ed aveva smesso di asciugare le suppellettili.

    “Mi sono trascinato centimetro per centimetro, fino a che non si è aperto un varco insperato tra i miei orrendi assalitori e sono corso verso la prima scala vicina per tornare alla superficie. Lì, un nuovo sciame di roditori si è frapposto tra il mio corpo esausto e la libertà tanto agognata. Lentamente e per pura fortuna sono riuscito a buttar giù dalle scale quelle bestie irsute. Uno scatto e finalmente l’aria.” Annuisce ricordando questo passaggio, ma i suoi occhi restano seri. “Non era finita lì, però!” Brigitta ha un sussulto; porta la mano al petto trattenendo il respiro. “E poi, cos'è successo?!” Chiede interessatissima.

    “Tre di quelle bestie mi sono corse dietro, mi trattenevano afferrandosi coi loro denti gialli alla tunica ed agli stivali. Non sapevo più cosa fare per togliermeli di dosso. Per fortuna, alla fine, è passata di lì una guardia del Pugno Fiammante che, alabarda alla mano, ha falciato quei roditori malefici salvandomi la vita.” L’altra lancia un gridolino di gioia applaudendo. “Per fortuna era solo un sogno!” Dice annuendo. “Ma veramente tremendo.”

    Findorfin annuisce mesto. “Per fortuna sì e speriamo non si avveri mai una cosa del genere. Ne andrebbe della mia sanità mentale.” Appoggia quindi le mani al bancone, si alza dallo sgabello e appoggia sulle tavole le monete dovute per birra e colazione con l’aggiunta di una lauta mancia. “Avevate ragione, mi ha fatto bene parlarne. Mi sento già molto più sereno. Vi devo un favore.” Sorride sincero.

    La ragazza, con l’indice destro inizia a giocare con una ciocca dei capelli biondi, con fare civettuolo e le guance che si arrossano visibilmente. “Potreste ricambiarlo invitandomi a cena stasera.” Findorfin viene preso alla sprovvista dalla proposta, ma subito corre ai ripari, ricomponendosi. “Volentieri, ma meglio non qui, alla taverna a sud verso la porta vi andrebbe bene un’ora prima del tramonto?” L’altra sorride maliziosa confermando con un cenno del capo. Il ranger esce tutto contento e sorridente dalla porta della locanda. Se ne andrà a cercare dei bei fiori per stasera fuori dalle mura della città. Conosce un paio di posti lungo il fiume dove alcuni boccioli resistenti al freddo possono fargli fare una bella figura.
     
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    Findorfin non aveva mai avuto un cavallo, o perlomeno quei pochi equini che aveva cavalcato gli erano stati dati in prestito nella sua vita precedente tra i boschivi. Un ranger che viveva all’interno di boschi e foreste, di certo cresceva col buon senso di muoversi a piedi e non in sella ad un destriero col continuo rischio di sbattere la testa. Dopo un incontro con due conoscenti Gilbert e Matuk, però aveva trovato l’occasione per andare alle stalle cittadine e comprarsene uno. Un bel morello ed ispirato gli aveva dato nome: Nocciolo. L’animale aveva subito accettato il mezzelfo e rispondeva pacatamente al proprio cavaliere quando cavalcato senza far resistenza.

    Fornito di cavalcatura, la smania per i viaggi di Findorfin si era immediatamente accesa. E come una scintilla su un mucchio di paglia secca, si era ben presto trasformata in un rogo. Dove andare? Con partenza da Baldur’s, poteva recarsi a Nord, Sud oppure Est. Di sicuro non verso il freddo Occidente, in quel ammantato da uno spesso strato di neve. La scelta più consona era il meridione. Aveva già tentato nei mesi scorsi di espandere le sue conoscenze sulle foreste poste a Sud. Proprio lì aveva trovato alcune tracce interessanti: delle enormi ragnatele poste tra alberi secolari. Pericolo e curiosità si erano fatti strada nella mente del ranger al punto da convincerlo. Doveva investigare.

    Fatta la scorta di viveri ed attrezzature, nonché caricate sul cavallo bisacce ed una buona scorta di frecce, era arrivato il momento giusto per partire. Il cavallo era contento di muoversi, anche grazie a delle belle coperte di lana che ne coprivano il corpo tenendolo al caldo. Findorfin si sentiva a suo agio sulla sella, anche se non era abituato a quel tipo di trasporto. La prima parte del viaggio si era dimostrata tranquilla. Si erano manifestati alcuni dolori alle sue parti basse; cosa a cui non era abituato. L’aggiunta di una coperta sulla sella e l’alternare delle camminate alle cavalcate, avevano fatto il resto per permettere a Findorfin di abituarsi alla nuova situazione.

    Passati alcuni giorni era finalmente giunto in vista di foreste del tutto sconosciute. Sotto le fronde, appese tra i tronchi e le fronde erano ben distinguibili delle tele di ragno. Sembravano delle enormi tende. Piccoli alberi ed arbusti del sottobosco ne erano completamente ricoperti. Una selva, in particolare verso la costa, ne era satura. L’attenzione di Findorfin era al massimo, i peli gli si rizzavano sulla nuca. Ragnatele grandi indicavano ragni grandi. Di lì a poco notò un movimento, un’ombra tra le ombre. Un enorme aracnide lo aveva probabilmente osservato e di sorpresa aveva lanciato, come fosse una rete, un’enorme ragnatela verso il mezzelfo e la sua cavalcatura. La forza del cavallo aveva salvato entrambi e subito le frecce partivano dall’arco di Findorfin alla volta del mostro. Ognuna andava a segno. La bestia, tentata una sortita per assalire il viaggiatore finiva morta, zampe all’aria, di fronte agli zoccoli di Nocciolo.

    Il ranger fece suo dovere sistemare il problema, per impedire ai viandanti di finire cibo per queste mostruose creature. Numerosi ragni pelosi finirono di vivere di fronte al suo sguardo e la foresta, divenne più sicura. Per sicurezza si avvicinò al bosco dove dimoravano gli aracnidi e, all’improvviso, venne aggredito da uno di loro dall’aspetto ancor più strano e letale. Di colore bianco e azzurro, la bestia si fece avanti per ghermirlo sbucando dal nulla; le fauci trasudanti veleno. Fortuna volle che un orso lì vicino, si rese alleato del ranger e di conseguenza non fu difficile abbattere l’avversario immondo. Dopo estenuanti scontri, arrivava la certezza di aver bonificato il luogo.

    Findorfin decise di proseguire e dopo ulteriori giorni di cammino si imbatte nella Locanda del Braccio Amico, dove si fermò per qualche giorno prima di tornare a Baldur’s Gate. Nocciolo venne dato in custodia allo stalliere. Findorfin cenò di gusto e si buttò a letto, non prima di aver ascoltato le storie che si narrarono davanti al camino. Non mancò di chiedere informazioni, con discrezione, sul simbolo della falce di luna con l’arpa. Fu fortunato e ricevette alcuni frammenti di informazioni. Argomenti sufficienti per avere qualcosa su cui meditare al suo ritorno alla civiltà.

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    Era appena sorto il sole e da poco ultimate le celebrazioni per la Festa di Pratoverde. Findorfin non era ancora andato a dormire, ma aveva preferito mettere in ordine l’altare e fare una bella colazione prima di buttarsi a letto. Era ancora elettrizzato dalla nottata, dalla cerimonia. Nelle narici aveva tuttora il profumo dei campi e dei fiori che avevano fatto da cornice alla cerimonia. Sperava di aver svolto il rituale nella miglior maniera, non era né un Chierico e neppure un Druido, ma gli insegnamenti appresi presso il santuario di Suzail erano stati di grande aiuto.

    Era ancora intento ad inzuppare l’ultimo pezzo di pane nel latte caldo quando, in un istante giunse la folgorazione. L’arpa e la falce di luna…. Shadowdale… ecco gli elementi mancanti. Ora era pronto a riempire il vuoto di memoria che lo aveva tormentato fino a pochi attimi fa. Alla fine del rituale aveva ricevuto l’invito ufficiale ed adesso più che mai la sua determinazione aveva una direzione, uno scopo da raggiungere. Un luogo dove spingersi e finalmente consolidare la meta della sua esistenza.

    Mentre questi pensieri gli riempivano l’animo, il latte era colato in parte sulla barba e da lì alcune gocce si erano insinuate tra i rilievi dell’immagine scolpita sul diadema di Chauntea. Un dono inaspettato che lo aveva reso estremamente orgoglioso e rinfrancato sul fatto di aver compiuto la cosa giusta. Doveva però lasciarlo al sicuro, prima di partire verso Shadowdale. La strada era lunga ed i pericoli in agguato moltissimi. Non poteva rischiare di perderlo lungo la via. Servivano altri preparativi, anche perché l’inverno non era troppo distante e non voleva farsi trovare impreparato.

    Doveva comprare una nuova cavalcatura. Il povero Nocciolo era stato abbattuto da quel maledetto gigante a due teste, sulla strada per Suzail e non lo aveva ancora rimpiazzato. Veniva colto ogni volta dal senso di colpa per averlo visto morire senza poter far niente per salvarlo. Le sue labbra, al pensiero si erano serrate. Finita la colazione e pagato il conto, si era fatto dare le chiavi della sua solita stanza. Un letto e delle ore di sonno profondo avrebbero cacciato via la stanchezza dalla sua mente e gli avrebbero permesso di affrontare le nuove sfide che lo attendevano.
     
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    Findorfin si è finalmente convinto a comprare un nuovo cavallo. Un bel animale dalla grigia criniera, dal carattere mansueto e dalle forme robuste. Prima di avviarsi alla volta di Shadowdale, preferisce passare qualche giorno insieme alla bestia e fare qualche viaggio al limitare delle aree rurali controllate dalla città di Baldur’s Gate. Il suo scopo, oltre che prendere confidenza con lui, ha anche la funzione di cercare delle conferme in merito a quelle voci che girano in città riguardanti esseri spinosi ed aggressivi.

    Non avendo trovato e visto niente di insolito ed una volta soddisfatto ritorna all'interno delle aree parzialmente urbanizzate vicino ai campi. Consegnato il cavallo allo stalliere principale, si dirige ai campi per vedere se i lavori per sistemare l’area usata pochi giorni prima per le celebrazioni della festa stanno proseguendo senza intoppi. In realtà, è pervaso da un pizzico di egoismo in quanto ha anche intenzione di comprare dal mercante in partenza, alcune bottiglie di vino da tenere per occasioni speciali future.

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    Mentre passa di fronte al cimitero cittadino, sente il lamento di una rapace. Colto dalla curiosità si inoltra tra le fronde dei bassi cespugli che contornano l’area e, con un certo sforzo, supera i rovi e giunge nel luogo dove si era impigliato un falco pellegrino. Con attenzione estrae l’animale senza arrecargli danno. L’animale sembra riconoscente e preso dallo strano atteggiamento del volatile Findorfin, con scatto felino afferra una piccola lucertola e gliela offre prima di lasciarlo libero. Compiuto il gesto, il mezzelfo alza il braccio per far spiccare il volo all'animale. Con due colpi d’ala è già a molti metri da suolo, ma inizia a girare in circolo sopra il ranger.

    Arrivato ai campi, Findorfin da un’occhiata in giro e ferma il mercante delle bevande giusto in tempo prima che finisca di caricare le ultime casse mezze vuote di rosso. Monete sonanti alla mano, compra un paio di bottiglie. Mentre le mette nella sacca a tracolla, nota l’ombra del falco che si proietta ai suoi piedi. Alza lo sguardo e lo vedo. Estende il braccio e l’animale si posa di sua spontanea volontà all'altezza del polso. Findorfin sorride felice. Ha trovato un nuovo amico che gli farà compagnia di lì a pochi giorni nel suo viaggio verso Shadowdale.

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